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Chiesa dei Santi Stefano e Valentino

La Chiesa dei Santi Santo Stefano e Valentino, in Via dei Priori, si trova in quella che, a decorrere dal 1819, era la parrocchia avente la stessa denominazione, risultante dalla fusione delle antiche Parrocchie di Santo Stefano e di San Valentino, quest’ultima risalente al 1500. La nuova Parrocchia dei Santi Stefano e Valentino venne inglobata dalla Parrocchia di San Giovanni Rotondo alla chiesa Nuova di Perugia negli anni novanta del XX secolo.

La grande devozione dei perugini per il protomartire Stefano è attestata da un decreto presente nello Statuto del Comune in cui si ordinava di celebrare solennemente la festa di Santo Stefano, sia entro la città sia nel contado, con divieto di lavorare, pena la multa di 100 soldi. A motivo di tale devozione nella città di Perugia anticamente esistevano tre chiese dedicate a Santo Stefano: una di esse si trovava in Porta San Pietro, detta Plebs S. Stephani o Santo Stefano del Castellare; un’altra in Porta Borgna detta Ecclesia S. Isidori et Stephani; la terza in Porta Santa Susanna. Quest’ultima era una piccola aula romanica, detta Capella S. Stephani citata nel diploma di Federico Barbarossa del 1163 col quale l’imperatore la prese sotto il protettorato imperiale, assegnandola al Capitolo della Cattedrale. La sua erezione risale al secolo XII (o forse all’XI), come dimostra la piccola abside che è quanto resta della prima costruzione, di stile romanico.

La posizione della chiesetta era da est a ovest. La copertura doveva essere certamente a tetto e sostenuta da capriate di legno; i muri di pietra bianca e rossa a cortina, levigata all’esterno e più all’interno. L’interno, tuttavia fu successivamente intonacato e affrescato. Il piano delle fondazioni era a un livello superiore a quello della chiesa attuale, come si vede dalla zona inferiore grezza e scoperta, sia all’interno che all’esterno. A destra dell’abside fu realizzata, forse in epoca posteriore, una nicchia per il pozzo scavato in quel punto, sotto le fondazioni. Sopra il timpano svettava un campaniletto a vela, di cui restava la base, per circa un metro di altezza.

Nel XIV secolo la chiesa fu ampliata ed elevata. Si ebbe così un’aula, molto più capace e di stile diverso da quello della primitiva cappella, con un massiccio pilastro in mezzo e altri quattro pilastrini a sostegno del muro perimetrale e delle volte gotiche a costoloni, sostituite dalle capriate. Da questo ampliamento risultò una chiesa che può dirsi a due navate. Si dovette certamente alla cresciuta devozione dei perugini per il primo martire cristiano, la cui protezione era invocata contro la grandine e la peste. In quel periodo fu creata la Parrocchia forse per iniziativa e a spese del Comune, come attesta il bel grifo in bassorilievo posto sulla nuova facciata meridionale, al disopra del maggiore ingresso sul cui arco è scritto: ECCL.PAR.S.STEPHANI.

Tra il XVII e il XVIII secolo la chiesa fu rimaneggiata e l’architettura gotica e romanica fu distrutta; le pareti e gli altari ricoperti di decorazioni, stucchi e baldacchini. Fu ricavata una sagrestia costruendo contro la parete occidentale un fondello sormontato da un palchettone che serviva da cantoria; l’abside fu chiusa con muratura. La successiva costruzione della casa parrocchiale, sopra la chiesa, portò alla demolizione del campaniletto, chiudendo la parte superiore con una parete che toglieva armonia all’insieme. Anche il pozzo subì la stessa sorte risultandone deturpato.

Il grave deterioramento causato dall’incuria, e soprattutto dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dalla sovrastante via Santo Stefano, fu causa della chiusura della chiesa al culto e il parroco per le funzioni religiose ottenne, nel 1876, l’uso di un altare nella vicina Chiesa di Santa Teresa dei Carmelitani Scalzi finché, quando i religiosi la abbandonarono nel 1889, il parroco ebbe il pieno uso di essa. Così la chiesa parrocchiale andò sempre più deperendo.

Dal 1907 il nuovo parroco vi adattò un teatrino educativo per i giovani della parrocchia, intitolandolo “A. Brunamonti” in memoria della famosa poetessa Alinda Brunamonti, parrocchiana che aveva abitato in Via del Poggio. Il teatrino funzionò egregiamente dal 1910 al 1922 fino a quando, eseguendosi degli strappi al muro della parete meridionale per appoggiarvi un palchettone o loggione, fecero capolino sotto l’intonaco, che si sgretolava e cadeva, lembi di pittura antica fin allora nascosti e insospettati. Presero il via i lavori di restauro che all’interno portarono alla eliminazione di tutte le sovrastrutture accumulate nel tempo e al salvataggio e recupero degli affreschi già coperti dall’intonaco, all’esterno alla ricostruzione di un campanile a bifora che consentì di rimettere al loro posto le antiche campane

Tra gli affreschi che decoravano almeno fino al ‘600 le pareti della chiesa spicca la Madonna col Bambino chiusa entro una nicchia, a sinistra dell’ingresso minore. Era una maestà forse trasportata dalle vicinanze oppure trovata nell’aula e incastrata nel nuovo muro. Tale affresco è stato distaccato nel gennaio 1938 e rimontato su tavola dal professor L. Fumi, a cura della R. Soprintendenza all’Arte Medioevale e moderna ed è stata collocata sulla parete opposta come pala dell’altare minore. L’altro affresco era una Madonna in trono fra due Santi, sulla parete meridionale. Ne rimangono un lembo della veste della Vergine e la parte inferiore di quella di San Bernardo. Sullo sfondo chiaro si nota la piccola figura del committente inginocchiato, coperto di robone, cioè della veste da cerimonia indossata dai cavalieri, berretto e calze nere. Sotto si legge la scritta: S. Bernardus – Hoc opus (fecit) fieri Angelellus S. Cecchi A.D. MCCCLXX. Un terzo affresco venne alla luce sulla parete est: era la Madonna fra due Santi: restano i due santi un po’ mutilati, parte del manto di Maria col dorso di una mano, di fattura fine. Sulla parete sud due resti di santi sono scalpellati e sbiancati. Sulla parete nord, in alto, vi era una bella crocifissione di cui resta il Cristo quasi intero su fondo azzurro. Anche l’abside era coperta di affreschi: rimangono alcuni residui iconografici col nome in basso: sono ancora ben leggibili i nomi di due Santi: Caterina (Catharina) e Cosmas. Nella ricerca di affreschi fu poi scoperto un dipinto ornamentale quattrocentesco sulla parete est a sinistra dell’abside: un conopeo o padiglione con tendaggio rialzato ai due lati e due Angeli adoranti che lo sorreggono tenendo lo sguardo verso il centro: figure di finissima fattura.  Sulla corona del conopeo è la scritta: Cristi (Christi) Corpus Ave. De… Purtroppo al centro del dipinto fu fatto uno strappo largo e profondo che asportò fra l’altro una buona parte dei due angeli. La scritta, evidentemente eucaristica, ci assicura trattarsi di un tabernacolo per la custodia del SS.mo Sacramento.

Le notizie sono tratte da un opuscolo curato da Monsignor Egidio Giulietti, parroco di Santo Stefano fino al 1952, che si adoperò attivamente per il ripristino della chiesa, pagando anche personalmente parte degli arredi necessari alla stessa. Anche il suo successore, Monsignor Ugo Coli, parroco dal 1953 e poi rettore della chiesa fino al 1995, anno della sua morte, curò con amore la chiesa di Santo Stefano, provvedendo tra l’altro alla creazione della bussola di ingresso e al restauro di manufatti lignei, in particolare del grande crocifisso sistemato nell’abside, di cui rintracciò alcune notizie.

Il Crocifisso originariamente si trovava nella Chiesa della Confraternita della Madonna del Pianto. Opera seicentesca di Stefano da Massa di Carrara, fu realizzato a spese del canonico Ansideo Ansidei che lo fece benedire dal pontefice Paolo V. Non è noto quando il crocifisso, fatto restaurare a cura del parroco Monsignor Coli, fu trasferito nella Chiesa di Santa Teresa degli Scalzi e da lì in quella di Santo Stefano, dove tuttora può essere ammirato.

Fonti testi
Archivio Associazione Priori